Secondo l’Adult Treatment Panel III ( ATP III ) del National Cholesterol Education Program, i pazienti con diabete mellito di tipo 2 senza una storia di infarto miocardico presentano lo stesso rischio di un evento coronarico dei pazienti senza diabete ma con una storia di infarto miocardico.
Questo ha portato a prendere in considerazione una strategia aggressiva per la riduzione dei fattori di rischio.
Lo studio ACCORD ( Action to Control Cardiovascular Risk in Diabetes ) ha valutato gli effetti generali dell’intervento farmacologico nei pazienti con diabete mellito di tipo 2; inoltre lo studio non solo ha preso in considerazione il controllo dell’iperglicemia e dell’ipertensione, ma anche quello del controllo dell’iperlipidemia.
L’intensificazione del controllo glicemico è tema di discussione. Uno studio, precedente allo studio ACCORD, aveva concluso che la strategia del controllo intensificato della glicemia era associata ad un aumentato rischio di mortalità. Una meta-analisi non ha però confermato queste conclusioni.
Nel corso dell’Annual Meeting dell’American College of Cardiology sono stati presentati i dati dello studio ACCORD BP ( Accord blood pressure trial ) e dello studio ACCORD Lipid.
Nello studio ACCORD BP, sono stati esaminati i benefici dell’abbassamento della pressione sanguigna al di sotto di 120 mmHg, contro un livello inferiore a 140 mmHg, nei pazienti con diabete mellito di tipo 2 ( il 34% dei pazienti esaminati presentava malattia cardiovascolare ).
Dopo 4.7 anni, non è stata riscontrata nessuna differenza significativa tra i gruppi nell’incidenza annuale dell’endpoint primario ( composito di infarto miocardico non-fatale, ictus non-fatale, o morte per cause cardiovascolari ).
Gravi eventi avversi sono risultati più comuni nei pazienti del gruppo terapia intensiva.
Dallo studio è emerso che l’obiettivo di pressione sistolica al di sotto di 120 mmHg nei pazienti con diabete mellito di tipo 2 non è giustificato dall’evidenza.
Nello studio ACCORD Lipid, i pazienti sono stati assegnati in modo casuale a ricevere Simvastatina ( es. Sinvacor, Zocor ) più Fenofibrato ( es. Lipofene, Tricor ), oppure la sola Simvastatina.
L’obiettivo della terapia con Fenofibrato era quello di ridurre i livelli plasmatici di trigliceridi e di aumentare i livelli di colesterolo HDL nei pazienti che stavano già prendendo una statina per ridurre il colesterolo LDL.
L’aggiunta di Fenofibrato alla Simvastatina non ha prodotto un significativo miglioramento nell’endpoint primario composito. Tra le donne, a differenza degli uomini, è stato osservato un trend verso un aumentato rischio.
In un’analisi di sottogruppo prespecificato è stata riscontrata una tendenza a favore di un beneficio del Fenofibrato nei pazienti con segni di dislipidemia, definita come un livello di trigliceridi di 204 mg/dl o più e un livello di colesterolo HDL di 34 mg/dl o meno.
Gli standard per la cura del diabete sono migliorati in modo considerevole, grazie soprattutto alle conclusioni nel 1998 dello studio UKPDS, che mostrò che il trattamento ottimale del diabete richiede non solo attenzione verso il controllo della glicemia, ma anche un’appropriata valutazione e gestione del rischio cardiovascolare.
Dagli studi ACCORD si ricava che dovrebbero essere probabilmente applicati obiettivi flessibili nel controllo dell’iperglicemia, della pressione sanguigna e della dislipidemia nei pazienti con diabete mellito di tipo 2. ( Xagena2010 )
Nilsson PM, N Engl J Med 2010
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